Il gusto sottile di produrre qualcosa… che il mondo non sapeva mancasse…

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LA ”FORMA” PER L’ILLUMINAZIONE DELLA PSICOLOGIA DELL’UOMO; OVVERO TUTTO PASSA ATTRAVERSO UNA SOLA ED UNICA PAROLA: ”DESIGN”

A cura dell’Architetto Marco Minichiello

Great Exhibition, prima esposizione universale avvenuta a Londra dal 1 maggio al 15 ottobre 1851: molti critici sostengono che sia questa la data da attribuire alla nascita del disegno industriale. In effetti,  questa esposizione rende popolare l’oggettistica e l’arredamento per interni realizzati per la prima volta con metodologie industriali di massa ma contribuisce anche, considerando alcuni reparti, ad evidenziare la degradazione estetica degli oggetti nel momento del trapasso dall’artigianato alla produzione industriale. In realtà, i primi prodotti industriali destinati alla massa erano piuttosti scadenti sul piano estetico, troppo semplificati oppure sovraccarichi di decorazioni inutili. Contro questo decadimento artistico nasce nell’Inghilterra vittoriana il movimento “Arts and Craft ” (Arti e Mestieri) capeggiato dall’artista e teorico William Morris che cerca una sintesi tra produzione industriale ed artigianato. Il suo scopo è conferire una dignità estetica anche nel più umile oggetto di uso comune attraverso un ritorno alle perdute capacità creative dell’artigianato applicate, però, anche nelle serie industiali. È la nascita del concetto di design moderno che si focalizza sul legame inscindibile tra funzionalità ed estetica applicate alla produzione di massa.

L’UOMO SPOSA  IL DESIGN….

L’alleanza tra arte ed industria assume contorni più nitidi alla fine del secolo con l’Art Nouveau (movimento detto Liberty in Italia). In questo periodo la produzione industrializzata viene applicata coscientemente al singolo oggetto con intenzionalità estetica. Ma un’importante fase per lo sviluppo  e la diffusione dell’industrial design ha  inizio nel 1919  quando Walter Gropius viene  chiamato a dirigere il Bauhaus che rappresenta tra le due guerre la prima vera scuola di disegno industriale, promotrice di una funzione etica del designer nella società: tutti i manufatti hanno un’utilità sociale in quanto possono elevare il tenore di vita della società. Il Bauhaus cerca di trovare , nella teoria e nella prassi, in campo formale, tecnico ed economico, la “forma ” di ogni oggetto a partire dalle sue funzioni e dalle sue determinazioni naturali. È forse questa la prima definizione formale di design moderno.

E mentre negli Stati Uniti, dopo la crisi del 1929, nasce lo styling  un genere di design che cura in modo particolare l’involucro esterno dell’oggetto senza considerare gli altri fondamentali requisiti di progetto, in Italia, dopo la stagione del Liberty, si notano i primi tentativi di creare, soprattutto nel settore automobilistico, modelli la cui linea abbia una certa originalità ed autonomia rispetto a quella di altre nazioni. È solo nel secondo dopoguerra , però, che  l’Italia contribuirà in maniera significativa al mondo del design, soprattutto nel campo dell’arredamento, dell’automobile, motociclistico e navale e del vestiario, raggiungendo nella progettazione industriale notevoli qualità di realizzazione, cura dei dettagli, fantasia del disegno e delle forme, durevolezza ed un ruolo di primo piano a livello internazionale.

La storia del design caratterizza tutto il xx secolo con alcuni momenti molto interessanti di interazione tra arte e design. Pensiamo, ad esempio, a come gli oggetti di design già negli anni ’30 influenzano il mondo delle arti visive. I ready-made  più celebri della corrente artistica dei Dada sono l’attaccapanni, la ruota di bicicletta, la lampada di Duchamp. Oppure,   a come oggetti comuni diventano oggetti simbolici della Pop Art negli anni ’60: la classica bottiglietta della coca-cola, la lattina di birra, il tubetto di dentifricio. Con l’arte programmatica e cinetica, in molti casi, la differenza tra arte e design, tra artista e designer diventa molto sottile.

L’industrial design è, quindi, un grande fenomeno culturale e socio-economico dell’età contemporanea, che ha comportato radicali cambiamenti dello stile di vita, delle abitudini, dando anche una forte impronta all’estetica ed al gusto delle varie epoche, e che  trova applicazione in diversi campi: da quello della grafica a quello dell’informazione visiva a quello più complesso dell’architettura.

Senza dubbio il settore più vasto è il  “design del prodotto” in cui si racchiudono tutte le discipline inerenti alla progettazione di un oggetto tra cui il Design dell’arredo che comprende anche il Lighting design, il Design automobilistico, il Design della moda.

Molto interessante il connubio ormai inscindibile tra moda e design: l’architettura diventa moda (Gianfranco Ferrè) e la moda crea design ( Armani e Versace). Il fashion designer  cerca di creare indumenti  funzionali oltre che creativi ed esteticamente gradevoli anche grazie ad una continua ricerca di possibilità innovative della tecnologia tessile e delle soluzioni applicative e di forma. I volumi, i colori,  i materiali che costituiscono oggetti sono anche quelli che costituiscono le creazioni di grandi stilisti.

Parallelamente agli altri settori del disegno industriale nasce il Design della comunicazione che si occupa di molteplici sistemi di presentazione dei vari prodotti di industrial design e che racchiude molteplici sottocategorie tra cui non si può trascurare il Food design soprattutto con le sue fome e tecniche di comunicazione utili al consumo ed alla fruizione dei prodotti agro-alimentari. Gli alimenti sono come oggetti di design che nascono per soddisfare un’esigenza dell’uomo. Oltre a soddisfare il puro gusto del palato occorre sprigionare, regalare emozioni e pensiero anche attraverso una vera e propria progettazione delle portate che insieme alla qualità ed all’originalità delle forme diventano piccole opere d’arte e di gusto: una macedonia prende le forme dello skyline di Manhattan, l’anguria diventa un rubino, la polenta crea le architetture dei palazzi torinesi.

Altro grande settore è il Design degli ambienti e degli spazi che lavora parallelamente a due rami dell’architettura: quello degli interni e quello dell’urbanistica. Il design degli spazi, ossia la progettazione e l’allestimento di ambienti interni ed esterni diventa determinante per migliorare la qualità della vita di chi li vive.

 

In tal senso la progettazione della “Stanza dell’amore”(numeri precedenti Stylise). L’idea nasce analizzando la psicologia della coppia e dall’esigenza di avere nello stesso habitat uno spazio dove riflettere , leggere un libro, scrivere, lavorare, insomma uno spazio

“a propria immagine e somiglianza”. ( OcraM ).

Molti gli elementi di design pensati per questo spazio, in particolare la parete – totem come concetto di natura psico- percettiva: un’impressione, percezione  che il nostro cervello elabora in base agli stimoli che gli vengono forniti attraverso giochi di luce, ombre, colori ecc. ed alle condizioni psico-fisiche dell’osservatore stesso, in grado di creare comunicazione, ovvero un processo di crescita e, quindi, di cambiamento. Così, per realizzare questa parete curva e non a tutt’altezza capace di lasciar filtrare la luce ed intravedere l’ambiente dal quale ci separa e chi abitualmente lo vive, possono essere utilizzati svariati materiali e colori, come, ad esempio, il vetromattone o il cristallo temperato per ambienti suggestivi e luminosi, pannelli in legno massello per trasmettere sensazioni di calore ed intimità.

“La gente pensa che il design è stile. Il design non è stile.

Non si tratta di dare forma al guscio e non fare niente per le budella. Il buon design è un atteggiamento rinascimentale che riunisce tecnologia, scienze cognitive, bisogno umano e bellezza di produrre qualcosa che il mondo non sapeva che mancasse”. ( Paola Antonelli).

Il design, quindi, anche per  lo sviluppo sostenibile che mira a soddisfare  i  bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni.

In questi ultimi anni, caratterizzati da una crisi ambientale che ha preceduto di decenni quella economica, i designer si fanno più rispettosi ed attenti nell’uso di materiali di recupero e riciclabili. La parola d’ordine nell’industrial design diventa  anche ecosostenibilità: occorre progettare in funzione di un semplice e facile recupero differenziato, durata nel tempo, alta efficienza, nuovi materiali  tenendosi al passo di mode e forme e dando quel pizzico di magia e di sogno che alberga dentro di noi e che prende forma, gusto ed estetica al solo sguardo dell’oggetto.

Non ultima l’attenzione nel  design a contaminazione di stili e culture, un vero e proprio design etnico che a differenza di alcuni anni fa che si rivolgeva ad un pubblico medio-alto, soprattutto ad intenditori appassionati di viaggi, ha conquistato un pubblico di consumatori sempre più vasto grazie anche a costi contenuti. La valorizzazione di questo stile ha favorito il recupero e l’uso di materiali antichi, come il bamboo, smalti e lacche , pietra. Una  molteplicità di oggetti provenienti da culture diverse sconosciute all’occidente, testimonianze di manualità artigianali tramandate nel tempo che hanno conservato la propria unicità, valori e storia di appartenenza.

La bellezza di questo stile-design vive nella posssibilità di inserire gli oggetti nel contesto di spazio abitativo dando un tocco particolare all’arredamento della propria casa, donando vita a ricordi di viaggi fatti, colori e sapori intensi in un ambiente caldo ed accogliente.

” Il design è l’apportunità per continuare a raccontare la storia, non per riassumere tutto” (Linden Tate)

 

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